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Descrizione

Il nome Lemie viene fatto derivare dal latino "limina", "limite o luogo posto ai confini", probabilmente località di confine in cui stazionavano le truppe romane di frontiera. Alcuni studiosi fanno invece risalire l'origine del nome al latino "lamiae", "luogo delle fate o streghe"; questa interpretazione trova supporto nelle numerose leggende sulle "masche" (streghe) che popolano l'immaginario del paese.

L'antico villaggio di Lemie era situato in una zona di campi che venne distrutta da un'alluvione nel corso del XV secolo. Feudo del Vescovo di Torino intorno all'anno Mille, passò successivamente ai Visconti di Baratonia, poi ai Giusti di Susa, i Provana di Leinì ed altre famiglie feudali tra cui gli Arcour che nel XV secolo ottennero la concessione delle miniere di Lemie ed Usseglio.

Nel XIV secolo si iniziarono a sfruttare le miniere di ferro e rame della zona; per questo motivo alcune famiglie valsesiane e bergamasche si trasferirono a Forno di Lemie, che prende il nome proprio da un forno lì collocato, usato per la fusione di minerali ferrosi. L'ultimo feudatario, Giacomo Ottavio Gastaldo, morì nel 1741 senza discendenti ed il feudo passò al demanio.

Lemie sorge su un promontorio ricco di faggi e castagni, allo sbocco del vallone del Rio d'Ovarda. Sul punto più alto del promontorio si trova la Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo. Il comune costituisce un tipico esempio di comunità della montagna alpina, ma che, chiusa in una struttura orografica che consente sbocchi solo verso la pianura sottostante, risente di un certo isolamento. Il mancato passaggio di correnti di traffico attraverso le Alpi contribuisce a formare un sistema economico basato essenzialmente sulle risorse locali, sul turismo estivo e su quello interessato ad un ambiente ecologicamente intatto. L'attività agricola, a prevalente indirizzo agro-pastorale, che un tempo costituiva il perno dell'economia locale, è oggi ancora svolta da piccole aziende a carattere familiare in cui le coltivazioni di modeste particelle di terreno, insieme ai prodotti del castagno e del bosco, sono complementari all'allevamento zootecnico, basato sull'utilizzo dei prati e dei pascoli.


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